Applicare la sostenibilità, l’economia della ciambella

Noi siamo l’ambiente (cap.4) –

Ormai siamo 8 miliardi e nella nostra epoca, l’Antropocene, l’uomo ha messo sé stesso al centro di tutto a scapito dell’ambiente. Questo atteggiamento sta distruggendo gli ecosistemi, perché consumiamo le risorse ad un ritmo molto più veloce (quasi il doppio) di quello in cui vengono generate.

La soluzione per evitare il collasso eco-sistemico è una sola, vivere in maniera sostenibile.

Ma come applicare la sostenibilità? Utilizzando l’Economia della Ciambella (Doughnut Economics Model), un framework economico sviluppato nel 2012 dall’economista britannica (e docente università di Oxford e Cambrige, già ricercatrice Nazioni Unite e Oxfam) Kate Raworth, descritto nel suo libro del 2017.

Questo modello propone una nuova visione dell’economia che cerca di bilanciare la sostenibilità ambientale e l’equità sociale. Ovvero determina lo spazio operativo e sicuro in cui l’umanità dovrebbe operare:

  1. non dobbiamo mai andare oltre ai confini ambientali (limite ecologico in arancio), come ad esempio perdita della biodiversità, sfruttamento degli ecosistemi, acidificazione degli oceani, inquinamento dell’aria e cambiamento climatico,
  2. ma non al di sotto dei confini sociali (base sociale in verde), ovvero dobbiamo tutti avere diritto ad alcuni elementi che ci consentano una vita dignitosa, come lavoro, cibo, acqua, alloggio, salute, energia e educazione.

Al momento siamo ben lontani:

Guardando al centro della ciambella vediamo miliardi di persone che ancora non riescono a soddisfare i bisogni vitali come il cibo, l’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la voce politica. 

Inoltre, almeno in quattro punti abbiamo già abbondantemente superato i confini del cerchio esterno della ciambella (cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, conversione delle terre e aumento dio azoto e fosforo), e superando i confini delle risorse planetarie rischiamo l’impatto irreversibile, il collasso dell’ecosistema. 

L’obbiettivo è raggiungere un punto di equilibrio all’interno della ciambella, dove i bisogni di base delle persone sono soddisfatti senza superare i limiti planetari.

Kate Raworth si domandada che cosa dipende il nostro benessere? Per l’economia classica l’uomo è un’entità razionale che determina il proprio benessere sulla base dell’utilità, commisurata all’ammontare di denaro che è disposto a pagare per beni e servizi. Ma cosa si può dire dell’istruzione, dell’accesso al cibo e all’acqua, delle disuguaglianze sociali e della povertà? E ancora, non è forse l’ambiente, sociale e naturale, che ci circonda, a determinare buona parte del nostro benessere? Secondo l’economista “disponiamo ormai della certezza scientifica che il sistema economico sin qui perseguito è in chiaro conflitto con la realtà biofisica dei nostri sistemi naturali”.

L’economia è rimasta fissa per oltre settant’anni sul PIL (Prodotto Interno Lordo, ovvero il costo totale dei beni e dei servizi che un paese vende in un anno), come principale misura del suo progresso. Rispetto al 1950 il PIL globale è cresciuto 10 volte, portando prosperità a miliardi di persone, ma creando al contempo un’economia globale incredibilmente divisiva, degenerativa, destabilizzando rapidamente il delicato equilibrio del pianeta da cui dipendiamo.

Per il XXI secolo è necessario un obiettivo ben più grande: rispettare i diritti umani di ognuno, nei limiti del pianeta che ci dà la vita. La sfida ora consiste nel creare economie che contribuiscano a portare tutta l’umanità nello spazio sicuro ed equo della Ciambella, scoprire come operare in equilibrio.

Dobbiamo ridisegnare l’economia da capo, integrandola nella società e nella natura.

 “Oggi abbiamo economie che devono crescere a prescindere che ci facciano prosperare, mentre abbiamo bisogno di economie che ci facciano prosperare a prescindere che crescano o meno”. Abbiamo bisogno di questo shift se l’umanità vuole prosperare in questo secolo.

Il sistema economico del 21° secolo deve creare e mantenere questo nuovo equilibrio dinamico. Per farlo avremo bisogno di economie progettate per essere rigenerative, ovvero le risorse siano sempre rigenerate e che gli scarti di un processo alimentino quello successivo; e economie progettate per essere distributive, che sfruttino a pieno le opportunità senza precedenti date dalle tecnologie, per distribuire ricchezza e conoscenza in modalità open-source e peer-to-peer, bypassando gli organismi di centralizzazione tipici del 20° secolo. 

L’economista suggerisce che il sistema economico del 21° secolo si dovrà ispirare alla natura: non conosciamo niente nel mondo naturale che continui a crescere per sempre. Qualsiasi tipo di organismo o di struttura vivente nasce, cresce e matura, ma non all’infinito. Perché dovremmo accettare che l’economia sia l’unica eccezione a questa tendenza? 

Ciò in particolare implica una transizione verso fonti di energia rinnovabile, l’adozione di pratiche agricole e industriali sostenibili, il ripristino degli ecosistemi, la promozione di un’economia circolare, la riduzione degli sprechi e l’adozione di modelli economici che mettano il benessere delle persone e del pianeta al centro delle decisioni.

Nel 2015 i 193 Paesi membri dell’ONU hanno adottato l’agenda 2030, che definisce 17 obbiettivi per lo sviluppo sostenibile, molti dei quali derivano dal lavoro della professoressa Raworth.

E il ruolo dei singoli? “L’economia è ciò che facciamo, pensiamo e viviamo tutti i giorni” ricorda Kate Raworth. Che si spinge oltre il cosiddetto voto col portafoglio: “Abbiamo tutti una piccola parte in questa evoluzione, perché le nostre scelte e le nostre azioni rimodellano continuamente l’economia e non solo attraverso i prodotti che compriamo o non compriamo. La rimodelliamo: spostando i nostri risparmi in banche etiche e usando monete complementari peer-to-peer, includendo uno scopo esistenziale nell’impresa che creiamo, esercitando il nostro diritto ai congedi parentali dal lavoro, contribuendo ai beni comuni della conoscenza, e partecipando alle campagne dei movimenti che condividono la nostra visione economica”.

L’applicazione dell’economia della ciambella richiede un approccio olistico che coinvolga diversi attori, inclusi governi, imprese, organizzazioni della società civile e ovviamente tutti noi.

Per approfondire

Il libro della professoressa Raworth (con interessanti estratti):

https://shop.edizioniambiente.it/catalogo/l-economia-della-ciambella

Kate Raworth al TED talk Vancouver 2018: